Riflessione semi-religiosa. Dalle letture di oggi:
Dio: “[Adamo], dove sei?
Adamo: “ho udito la tua voce, ho avuto paura perchè sono nudo, e mi sono nascosto”
Dio: “Chi ti ha fatto sapere che eri nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?”
Ok. Stop. Rewind.
Sappiamo che parliamo per metafore. Sappiamo, scientificamente, che non c’è mai stato nessun Adamo, e che Dio – sulla cui esistenza non voglio aprire un dibattito in queste sede- non ha mai parlato a nessuno in questo modo. Qui mi riferisco all’uso che fa la Chiesa di questo testo.
Allora, siamo nel Giardino dell’Eden (ovvero: siamo in una metafora, non in un posto fisico). Adamo ed Eva (=l’umanità) vive nella sua beata ignoranza. C’è l’Albero, il famigerato melo. Mangiare i suoi frutti, stando alle letture, permetterebbe di avere il discernimento tra bene o male. Tra ciò che è giusto e ciò che non lo è. In altre parole, mangiare quel frutto significa acquisire capacità di discernimento, di giudizio etico.
E a “Dio” (ma fatemi il piacere, si tratta della Chiesa, che propina queste letture) questo non sta bene.
Togliamo le maschere: Dio non c’entra. E’ la Chiesa che con questo passaggio cerca di inculcare nelle “menti semplici” che tanto apprezza (oggi tra l’altro, elogio di Bernadette, la quale avrebbe avuto la visione della Madonna proprio perchè pura e “semplice”, ovvero ignorante) il messaggio che la conoscenza è peccato. La capacità critica è peccato. Interrogarsi su cosa sia giusto e cosa no, è peccato. “Dio” (ma Dio, o la Chiesa?) vuole che noi non ci poniamo dubbi, non proviamo usare il nostro cervello, sono i pastori che guidano i pecoroni, pardon, gli agnelli del gregge divino a dire loro cosa è giusto e cosa è sbagliato.
E così sia.
Amen.